Si torna a parlare di redditometro. L’attuazione del nuovo strumento di accertamento sintetico dei redditi dei cittadini si era fermato nel 2018, dopo essere stato riscritto con il Decreto Dignità. Con tale decreto, i grillini e i leghisti riscrissero le regole dello strumento introdotto per misurare la capacità di spesa delle famiglie in relazione ai redditi dichiarati. Vi era, però, una sorta di clausola di salvaguardia per i contribuenti; si prevedeva, infatti, l’entrata in vigore dei nuovi criteri degli accertamenti, solo dopo aver consultato l’Istat e le associazioni di categoria dei consumatori maggiormente rappresentative. Dopo tre anni la clausola è diventata operativa.
Il dipartimento delle Finanze ha avviato la consultazione pubblica sul nuovo redditometro che si chiuderà il prossimo 15 luglio. La consultazione mira ad acquisire valutazioni, osservazioni e suggerimenti per il ritorno in piena attività del redditometro. Lo strumento sarà utilizzato, come prevede il decreto Dignità, per gli accertamenti a partire dal periodo di imposta 2016.
Il redditometro dovrà fotografare in modo più nitido e completo la reale capacità contributiva, in modo da far scattare i controlli veri e propri solo in presenza di uno scostamento superiore del 20% tra redditi dichiarati e quelli ricostruiti.
Per la ricostruzione si utilizzeranno varie tipologie di spese: generi alimentari, bevande, abbigliamento e calzature, abitazione, combustibili ed energia, mobili, elettrodomestici e servizi per la casa, sanità, trasporti, comunicazioni, istruzione, tempo libero, cultura e giochi, altri beni e servizi. Il cerchio si chiuderà valutando anche i dati su investimenti (immobiliari e mobiliari), risparmio e spese per trasferimenti. Nella nuova bozza, che sostituirà quella congelata, si parla infatti di propensione al risparmio.
Il Fisco vuole, pertanto, sfruttare meglio i dati forniti dalla Superanagrafe dei conti correnti. Infatti, per ogni rapporto può contare su i seguenti dati: saldo inizio e fine anno, la somma dei movimenti in uscita e la giacenza media. Ciò dovre consentire al “controllore” di individuare meglio i redditi non dichiarati anche se non si sono tradotti in consumi.
Per i consumi il Fisco utilizzerà i dati già in possesso dell’Anagrafe tributaria. Nel caso non vi sia rispondenza con l’informazione, si ricorrerà ai panieri Istat. Vengono ora individuate categorie di consumi considerate essenziali, per cui si utilizzerà la spesa minima per conseguire uno standard di vita accettabile.
Il contribuente che si vedrà raggiunto dall’accertamento, potrà difendersi confrontandosi con gli uffici del fisco in contradditorio, spiegando da dove derivi la maggiore capacità reddituale.
Soprattutto per le spese per investimenti, dove il Fisco tende a considerare che le risorse impiegate siano maturate nell’anno d’acquisto, mentre è il contribuente che deve provare che tali risorse si sono formate negli anni precedenti.